Pubblicato da Daniela il 1 marzo 2010
Scrive Annamaria Testa, studiosa di comunicazione, a proposito della rappresentazione delle donne nella pubblicità:
“Una premessa necessaria: gli spazi e i tempi della pubblicità sono esigui e costano molto. In una pagina, un manifesto o 30 secondi (ma a volte 20 o 15) di telecomunicato bisogna mettere diverse informazioni: qual è il prodotto di cui stiamo parlando, quali sono le sue caratteristiche, perché è desiderabile, chi è il consumatore e qual è il suo stile di vita, quali vantaggi ricava quel consumatore dalla scelta di quel prodotto. E’ un sacco di roba, a cui vanno aggiunti gli indispensabili connotati emozionali che trasformano i contenuti di un tetro documento di marketing in comunicazione pubblicitaria fatta di parole e immagini. Cioè in un messaggio strutturato che, oltre ad essere dotato di uno straccio di logica narrativa, deve possibilmente risultare facile da capire, sorprendente, attraente, memorabile, convincente e breve.
Gli esseri viventi che si vedono dentro i messaggi pubblicitari sono per forza di cose (cioè per assenza dello spazio e del tempo necessari a sviluppare una narrazione articolata) ridotti a stereotipi. Questo capita nella stragrande maggioranza dei casi e non solo con le donne, ma anche con gli uomini, i bambini, gli adolescenti, gli anziani e la famiglia nel suo complesso, animali domestici compresi …. Non dimentichiamo che il fine della pubblicità non è produrre narrazioni, ma sviluppare proposte di vendita all’interno delle quali lo stereotipo è funzionale proprio nella misura in cui non rimanda ad individui, ma a categorie. (…..)
La pubblicità non si colloca mai all’avanguardia proprio perché la sua vocazione è farsi accettare facilmente, rispecchiando il sentimento medio del pubblico. (….)
Insomma, poiché la pubblicità, come ogni altra forma di discorso persuasivo, si fonda sul consenso, e poiché il consenso si guadagna essendo conformisti (e magari trasgressivi nelle forme, giusto per colpire e farsi ricordare. Ma difficilmente nella sostanza), non appena cambierà davvero il ruolo delle donne cambierà anche il ruolo delle donne negli spot. La pubblicità non mancherà di registrare il cambiamento, magari amplificandolo. Ma un attimo dopo. Di sicuro, nemmeno un attimo prima.”
(in L. Lipperini, Ancora dalla parte delle bambine, Feltrinelli 2007)
E’ questa una premessa necessaria anche alla mia riflessione sulla nuova campagna pubblicitaria di Diesel jeans che immagino molti di noi avrà visto campeggiare sui muri delle nostre città.
Lo slogan è: BE STUPID.
Mi piacerebbe scrivere un lungo testo, analizzando ogni motto (L’intelligente critica, lo stupido crea; L’intelligente può avere il cervello, ma lo stupido ha le palle; L’intelligente riconosce le cose per come sono, lo stupido vede le cose per come potrebbero essere), definendo magari il target di vendita (gli adolescenti) per capire stupid e smart che cosa significano in realtà, quale mondo emotivo riescono ad evocare così da rendere il prodotto altamente desiderabile.
Vorrei anche fermarmi a riflettere sulla stupid philosophy (Il mondo è pieno di persone brillanti che fanno ogni tipo di cosa intelligente. La cosa intelligente è stare con gli stupidi, noi stiamo con gli stupidi. La stupidità è l’implacabile caccia ad una vita priva di rimpianti. Il fatto è che se non abbiamo pensieri stupidi non abbiamo del tutto pensieri interessanti. L’intelligente può avere dei programmi, ma lo stupido ha le storie. L’intelligente può avere l’autorità ma lo stupido ha l’inferno di una sbornia. Non è furbo prendersi dei rischi, è stupido. Essere stupido è essere coraggioso. Lo stupido non ha paura del fallimento. Lo stupido sa che ci sono cose peggiori del fallimento, come nemmeno provarci. L’intelligente ha una buona idea e quell’idea era stupida. Non puoi essere più brillante di uno stupido, quindi non provarci. Ricorda. Solo lo stupido può essere veramente brillante. Allora, allora, allora, sii stupido!) e sul modello di approccio alla vita che propone, ammiccando a tutti gli “sfigati” che finalmente potranno avere le loro vendetta sui “fighetti”, i leader che vestono nel modo giusto, che hanno sempre la battuta pronta e che riescono sempre a stare con la ragazza più carina del gruppo.
Invece poiché questo blog è uno spazio di dibattito, faccio una riflessione partendo da quanto affermato da Annamaria Testa, e chiedo il vostro parere.
La pubblicità comunica utilizzando il linguaggio in maniera ardita, insolita, e spesso riesce a trovare nuovi modi di utilizzo della sintassi, soprattutto negli spot televisivi: condensare un racconto complesso, ricco di sentimenti e rimandi, con un messaggio specifico che deve modificare i comportamenti e le abitudini di molti è davvero un’arte. Ma un’arte che deve essere accettata dai più e quindi per sua stessa natura conservatrice. Vale a dire che in una confezione insolita, sorprendente, arguta e sperimentale c’è confezionato un regalo banale e scontato.
Allora, tornando alla campagna BE STUPID, quale stereotipo di adolescente è stato usato per questa campagna pubblicitaria? E soprattutto quale tipo di adolescente viene fotografato per convincere i ragazzini a comperare i prodotti Diesel jeans?
Non voglio credere, ingenua me, che i giovanissimi siano quella massa di vuoti senza cervello che tratteggia questa campagna pubblicitaria. Anzi, i ragazzini che conosco io sono abbastanza smart da dedicare parte della loro estate ai più piccoli, sono così cool che eleggono un Sindaco dei ragazzi che va dal Sindaco a reclamare spazi e progetti, hanno progetti sulle loro città che vivono da veri protagonisti…. forse però sono solo una minoranza e per questo non troveranno spazio nei racconti dell’advertisement.
Resta il fatto che, eticamente, certi modelli proposti come vincenti sono da combattere e come consumatori abbiamo il coltello dalla parte del manico. Da parte mia, quindi, non potendo fare altro, ho smesso da un po’ di comprare detersivi consigliati da smaglianti casalinghe accecate dal bianco del loro bucato!
Marziana ha detto…
di botto e a caldo, dopo aver letto le tue e le citate considerazioni sull’argomento, mi chiedo: sono davvero gli adolescenti il bersaglio di questa pubblicità?
“cherchez l’argent” perchè è di business che si parla e “l’argent” sta nelle tasche degli adulti, tutt’al più dei genitori…..quindi il bersaglio apparente forse sono gli adolescenti ma il bersaglio reale è chi paga i conti; quindi mi chiedo cosa solletica nell’adulto il messaggio di Diesel? oppure il messaggio è talmente ‘smart’ da essere trasversale a due stereotipi? se poi consideriamo che, come ho già scritto in precedenza, vivamo in un mondo di finti adulti che tali sono solo all’anagrafe….lo stereotipo è unico parla agli adolescenti di tutte le età… bingo!!!!
Il messaggio è certamente sornione, ammiccante e ambiguo, perchè cio’ che ci sta dicendo è: chi è davvero intelligente? e di che intelligenza stiamo parlando? insomma mescola le carte e utilizza nel messaggio i punti di forza del (pregevole) libro di Daniel Goleman l’Intelligenza emotiva, pubblicato nel 1999.
1 marzo 2010 21:19
sabrina ha detto…
… e se fosse soltanto una campagna che crede di essere più intelligente di quel che effettivamente è?
2 marzo 2010 01:16
Daniela ha detto…
Non credo che le campagne di comunicazione siano intelligenti o stupide. Tutt’al più possono essere più o meno efficaci a seconda di quanto riescono a farsi ricordare e quanto riescono a far comprare.
Lo specchietto per le allodole in questo caso sembra sia dato dalla provocazione stupido=quello non omologato, che si distingue per il suo coraggio di fare tutto ciò che è al limite e sfida il limite, quello che esce fuori dal coro.
Forse descrive il figlio che molti genitori vorrebbero, quello che “succhia il midollo della vita” ed è per questo che il BE STUPID funziona.
Quello che non mi piace di questo messaggio è che invece il mondo reale ha bisogno di persone che abbiano il coraggio di faticare. Certo questo non è allettante e difficilmente uno comprerebbe qualcosa che veicola come messaggio la dignitosa fatica del crescere e della vita.
3 marzo 2010 19:07
Marziana ha detto…
.. la dignitosa fatica del crescere e della vita…
C’è magia in quello che hai scritto, la magia della vita che abbiamo perso sulla via del nulla di cui ci siamo ammantati.
Tempo fa feci un sogno , avevo ricevuto un dono grande grandissimo, e non rendedomi conto di ciò che avevo avuto, lo avevo riempito di cianfrusaglie, ricordo benissimo l’immagine del sogno, il mio stupore per il dono e la mia stupidità per non aver compreso….. c’è voluto tempo per togliere le cianfrusaglia, le cose inutili a cui viene dato un valore immenso.
Forse il messaggio del sogno non era solo per me e forse non era solo il mio sogno, forse il sogno parlva all’unica persona che in quel momento lo ascoltava.
Marziana
4 marzo 2010 09:58