Stella Maris

Cormac McCarthy

Se nel precedente libro dell’autore ‘Il Passeggero’ la pazzia era uno dei temi, in quest’ultimo è il tema. Stella Maris è infatti un ospedale psichiatrico dove Alicia Western, sorella di Bobby protagonista de ‘Il Passeggero’, dialoga con il Dottor Cohen, psichiatra della struttura. Un dialogo di 180 pagine. Nel libro non c’è alcuna voce narrante, non ci sono nemmeno parti descrittive, se non pochissime all’interno dei dialoghi e in verità non c’è nemmeno la storia.

La storia ci è stata raccontata ne ‘Il Passeggero’ I due libri formano infatti una dilogia. Possono ovviamente essere letti singolarmente, ma così facendo si perde parte del racconto e significato complessivo delle opere. Andrebbero anche letti in ordine di pubblicazione.

Il dialogo tra i due sfiora vette altissime che dalla matematica si dipana fino alla domanda delle domande: il senso della vita e il nostro di umani, che abitano un pianeta di un sistema, alla periferia della galassia che chiamiamo Via Lattea.

La visione di Cormac dell’inconscio è la più affascinante tra quelle in cui mi sono fino ad ora imbattuta, con buona pace di Freud, Jung e Hilman. Esordisce così: “…Il nocciolo della questione non è tanto come facciamo matematica quanto come la faccia l’inconscio, lavori su un problema e poi lo accantoni…Come fa matematica l’inconscio? Com’è che lui è palesemente più bravo di noi….. E’ stato solo (l’inconscio) un sacco di tempo. Naturalmente non ha accesso al mondo se non attraverso il nostro sistema sensoriale. Diversamente si limiterebbe ad operare al buio.” Sono alcune frasi estrapolate dal dialogo che pronuncia Alicia, precedute e seguite da altre relative e interrotte dalle domande dello psichiatra.

Alcune pagine più avanti: “… Gli psichiatri faticano ad affrontare l’inconscio in modo diretto. Ma l’inconscio è un sistema meramente biologico, non magico….” Il suo punto di vista sull’argomento viene sviluppato in più pagine e in più passaggi del libro.

Non ho saputo resistere all’idea di traslare il concetto di McCarthy verso i computer. La CPU come l’inconscio, il cervello come la Scheda madre che consente il collegamento alle periferiche, ai sottosistemi e alle memorie.

Tutto ruota intorno alla malattia mentale e alla causa della pazzia. Anche a questo interrogativo Cormac propone una risposta quanto mai accattivante, per certi versi sorprendente, forse, persino convincente.

Riporto una delle frasi, usate dallo scrittore, che evidenzia la sua capacità e originalità espressiva: “Cento miliardi di eventi sinaptici che ticchettano nel buio come cieche signore sferruzzanti”. Sublime.

Il finale è raffinatissimo.

Scrive Emanuele Trevi nella sua recensione:

“Quella di Cormac Mccarthy nel suo complesso è un’opera antica, epica, piena di significato, non una serie di exploit narrativi, ma un organismo di libri in costante progressione nel tempo”.

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