Silvia Ferrara – Feltrinelli Editore
Il libro uscì nel 2019. Cominciai a leggerlo all’inizio del 2020, ma l’epidemia di Covid lo portò su un binario morto dove è rimasto fino ad alcune settimane fa.
Silvia Ferrara ci prende per mano e ci porta in sorvolo sull’intero pianeta per provare a svelare il mistero nel quale è ancora avvolta l’invenzione della scrittura e lo fa con una scrittura divertente, spiritosa e leggera, ma non per questo meno rigorosa e scientifica. Riesce a coinvolge il lettore in un argomento che potrebbe risultare ostico ai più.
Chi di noi non ricorda quando alle elementari la maestra ci diceva che la scrittura ebbe origine una sola volta in quella terra fertile tra il Tigri e l’Eufrate: la Mesopotamia. Il cuneiforme era la prima ed unica scrittura dalla quale discendevano tutte le altre. La convinzione era talmente radicata che si parlava di ‘monogenesi’.
Ora si sa che le cose non stanno così. Di quattro scritture originali, da zero, senza alcuna influenza esterna, si è certi: in Egittto, Cina, Mesopotamia e Mesoamerica. Esistono ancora circa dodici scritture antiche non decodificate, tutte nate sulle isole, tra cui ‘Il disco di Festo’ Isola di Creta e il ‘Rongo rongo’ Isola di Pasqua, solo per citarne un paio.
Chi di noi non ritiene la scrittura un processo culturale, scagli la prima pietra! La scrittura non è stata inventata a tavolino, è un affare di tanti, un’invenzione sociale. Scrive l’autrice: “La scrittura inventata, soprattutto quella inventata dal niente, è invece l’esito di un processo, di azioni coordinate, cumulative, graduali. La scrittura come sistema completo, strutturato e organizzato è affare di tanti. Questi tanti, comunicano, scambiano opinioni, litigano e poi si mettono d’accordo, per arrivare ad un repertorio di segni comune, concordato e standard. La scrittura non è stata inventata in un batter d’occhio, è una macchina piena di ingranaggi, che spesso ha preso il tempo di più generazioni. Siamo portati a pensare che la scrittura sia un processo culturale e non congenito Che sia una tecnologia, un oggetto, un manufatto. Eppure le forme dei segni seguono le forme della natura intorno a noi, e i suoi contorni. Si accordano all’anatomia della nostra percezione visiva.”
L’arte fa da trampolino di lancio alla scrittura. Dal disegno al segno. I simboli sono vecchi quanto l’uomo, siamo una specie dominata dai simboli. Le scritture primarie, originali, partono da un set di segni figurativi che rappresentano cose del mondo. I gradi di realizzazione sono vari, ma l’iconicità c’è sempre. Gli emoji e i disegni stilizzati delle gif di cui facciamo un uso smodato nella comunicazione in internet e sui social cosa sono? Con gli emoji stiamo tornando ai geroglifici, con le gif ai pittogrammi. Icone ripetute, coerenza narrativa, story-telling sono il salto verso la notazione del suono. La scrittura è un fatto recente, non ha modificato il nostro DNA, serve impararla e lo si fa con fatica, ma gli effetti sono dirompenti, come scrive l’autrice: “ Leggere ha un effetto dirompente su ciascuno di noi. Esperimenti di risonanza magnetica cerebrale hanno dimostrato che imparare a leggere riconfigura il sistema cognitivo. Vedere segni scritti, attiva delle ampie aree della corteccia cerebrale e lo fa in modo molto più evidente negli individui alfabetizzati. Le aree coinvolte sono la corteccia occipitale destra, che si occupa della percezione visiva, e un’area locale della corteccia occipito-temporale Quest’area è stata denominata “visual word form area” (VWFA) proprio perchè risponde attivamente alle parole scritte. Questa è la buca delle lettere dove vanno a finire le parole, anche quelle che state leggendo ora. Ed è accesa proprio ora.
Con la sua invenzione , non si è ridisegnato il sistema operativo del nostro cervello. Ma c’è stata lo stesso una rivoluzione. I nostri neuroni hanno imparato a riciclare parti preposte a captare altro e le hanno usate per captare i segni. Le aree programmate per riconoscere forme e contorni degli oggetti sono state utilizzate per distinguere le forme dei segni di scrittura.”
Note biografiche: Silvia Ferrara è professore ordinario di Civiltà Egee all’Università di Bologna. Ha studiato all’University College di Londra e all’Università di Oxford e, dopo diversi anni come ricercatrice in Archeologia e Linguistica a Oxford, è tornata in Italia. Nel 2017 il suo progetto di ricerca ha vinto il Consolidator Grant dell’European Research Council.